(4) continua...
I giorni seguenti sono dedicati a tutta una serie di esami per prepararlo nel modo migliore all’operazione. I cardiochirurghi vogliono fare anche un’angiotac per vedere meglio come sta il suo cuore.
I giorni seguenti sono dedicati a tutta una serie di esami per prepararlo nel modo migliore all’operazione. I cardiochirurghi vogliono fare anche un’angiotac per vedere meglio come sta il suo cuore.
Andiamo all’ospedale: nuovamente in pediatria. E’ un luogo pensato
proprio per i piccoli pazienti: pareti con tanti disegni colorati ed una stanza
in entrata piena di giochi. Lo stendono su un lettino nella seconda camera a
destra del corridoio ed una giovane infermiera gli infila un ago nel braccio
non senza difficoltà. Tò brontola perchè vorrebbe qualcosa da mangiare ma deve
stare a digiuno. Lo prendo in braccio e lo cullo cantando le canzoni che mi
ricordo nella sua lingua. Poco dopo si addormenta. Lo tengo tra le braccia finché non mi si informicolano poi lo stendo.
“Mi spiace ma dobbiamo fare un prelievo”.
Questa volta è un giovane infermiere che lo sveglia e in un attimo
gli toglie una fialetta di sangue. Lo accompagna un medico che visita Tò a
fondo e gli prova la pressione. Tutto a posto.
In un attimo Tò si riaddormenta e, mentre lo guardo, sento bussare
alla porta.
“Possiamo entrare?”
Maglietta bianca con il disegno di un bimbo abbracciato ad un grosso peluche, sguardo simpatico ed un grande sorriso sul viso.
Sono i volontari dell’Abio (Associazione Bambini in Ospedale) che
seguono i bimbi ricoverati, li fanno giocare e danno un po’ di sollievo alle
loro famiglie.
Li abbiamo contattati perchè ci diano una mano con Tò quando verrà
ricoverato.
Si fermano a chiacchierare un attimo poi arrivano due soccorritori per portarci al polo chirurgico per
l’angiotac.
Tò è ancora un po’
stordito ma si diverte molto a fare il giro dell’ospedale in autoambulanza.
Scendiamo davanti al polo e l’ascensore ci lascia al piano -1.
Consegnate le carte
all’infermiera di turno gli amici dell’autoambulanza ci salutano e noi ci
sediamo in attesa.
“Che bell’ometto” lo
saluta il dottore.
“Adesso ti stendi qui e
facciamo in fretta”.
Lo sistema con gli
infermieri sul lettino per l’esame e gli controlla il braccio.
Lo vedo rabbuiarsi ed
agitarsi.
“Accidenti!! Ma chi ha
deciso di infilargli quest’ago? E’ troppo piccolo! Non va bene!”
Si consulta con Antonia
per telefono e, alla fine decide che è meglio rimandare l’esame perchè con
quell’ago è impossibile farlo nel modo corretto.
Rivesto Tò e mi avvio
fuori a piedi. Dato che non mangia da ore, ci fermiamo al bar sotto la
pediatria per comprare qualche biscotto. Vuole anche la cocacola e gliela
compro.
Risaliamo nella nostra
stanza ma non riesco a tenerlo calmo mentre aspettiamo che gli tolgano l’ago.
Mi rendo conto che la cocacola non è stata una buona idea. L’ha agitato ancora
di più del normale.
Scappa in corridoio un
paio di volte e gli infermieri mi riprendono perchè potrebbe prendersi qualche
malattia e dover rimandare l’operazione.
“Tò, ti prego, torna
dentro con me. Ti racconto una storia”, lo prendo per mano e lo trascino in
camera dove cantiamo e giochiamo.
Finalmente vengono a
togliergli l’ago e possiamo tornare verso casa.
“Bu gosta galigna?” (ti
piace il pollo?) gli chiedo mentre ci dirigiamo in auto verso il supermercato.
“N'ka misti, n'ka gosta”
(non lo voglio, non mi piace).
Mi domando cosa gli darò
da mangiare questa sera mentre, caricatolo sul carrello, giro per le corsie.
Ad un certo punto mi
tira per la manica e indicando i polli arrosto mi dice: “Killa ke n’misti!” (è
quello che voglio!)
“Quello è il pollo, Tò!
Quello che volevo comprare!”
Decido di comprarne due
e faccio bene. A cena Tò ne divora metà da solo, spolpando le ossa per benino.
Quando ci svegliamo
sabato mattina ci stringiamo tutti nel lettone e Tò fa’ il pagliaccio facendoci
ridere di gusto.
Francesca (chiamata Tati
in famiglia) apre le finestre e prorompe in un’esclamazione di gioia.
Ci affacciamo tutti alla
finestra. Il giardino è coperto da una coltre bianca e la neve continua a
cadere con movimenti lenti.
“Tò, guarda! Si chiama
neve. E’ fredda come il ghiaccio, è soffice, è...”
Non so più che parole
usare per spiegargli cos’è. Credo che l’unico modo sia quello di toccarla con
mano.
Ci vestiamo tutti in
fretta e scendiamo muniti di scarponcini, cappello sciarpa e guanti. Tò non
vuole saperne di tenerli addosso.
“Guarda che se continui
a toccarla poi le mani ti faranno male.” lo ammonisco.
Ma Tò è molto testardo e
non vuole ascoltarmi. Continua a cacciare le mani sotto la neve e a prenderne
grosse manciate.
Penso tra me e me che se
ne accorgerà da solo e poco dopo, infatti , mi si avvicina in lacrime dicendo
che ha le mani fredde e che gli fanno male.
Le prendo tra le mie e
gliele scaldo poi gli metto i guanti e lui mi guarda in silenzio e non fa
nessuna obiezione.
A volte per capire le
cose bisogna proprio toccarle con mano!
continua...
continua...
Che bellissime giornate, quelle con To... Raccontaci ancora di lui, è straordinario..
RispondiEliminaMaira
Grazie Maria!
EliminaSe avrai la pazienza di leggermi ti racconterò tutta la sua storia!
Un abbraccio Maria
ahahaha!! ma che birbantino questo Tò! :D Sei stata bravissima a prenderti cura di lui, e chissà che emozione per lui, a parte il freddo, vedere la neve!!
RispondiEliminaGrazie Vivy.
EliminaHai proprio ragione, è un bel birbante!
Con la neve si è proprio divertito e non la smetteva di toccarla!
Una grande novità per lui!
Un abbraccio Maria
LOVELY.... :-)
RispondiEliminaGrazie Anna!
EliminaE' stato un periodo molto bello e intenso quello con Tò.
Un abbraccio Maria
E a volte non basta neanche toccare con mano per imparare..... con certe teste dure... e parlo di quelle che conosco io. =)))
RispondiEliminaCiao Maria, un abbraccio. =)
Dani
Hai proprio ragione Dani!
EliminaOgni riferimento a componenti della tua famiglia è puramente casuale!!!!
Un abbraccio Maria